"Gira e rigira, alla fine ci troviamo sempre davanti a un mare", pensa 'Ndrja Cambria (il protagonista del romanzo più famoso di D'Arrigo) menre si muove lungo la costa calabra, alla ricerca di una salvifica barca che lo riporti a casa, ma con lo sguardo tutto rivolto appunto al suo mare, anzi a "quel terribilio di mare" con il quale, nel passato, quotidianamente "aveva flanellato, come si può flanellare con una tigressa, lo conosceva piega
per piega, magagna per magagna, quel mare tormentoso"2, allo scill'e cariddi, cioè, al duemari ritrovato proprio come l'aveva lasciato partendo per il continente e la sua guerra, quel singolare "animalone sgomentevole che col suo squasso di respiro occupava ogni tenebra, passaggio, apertura ο spiraglio, tra lì e l'isola"3. [...]