D'Arrigo ha sempre accordato all'animale un'importanza strategica, in quanto vi riconosce una sostanza metafisica, lo straripamento fisiologico dei significati legati alla vita e alla morte. L'animale, simbolo di vita e di morte, assume nella sua opera una prodigiosa e sofferta complessità. Attraverso la vicenda della morte dell'animale, sia esso orca o
pescespada, fera o elefante, D'Arrigo raggiunge un effetto allegorico, annuncio di un disordine naturale: la morte ingenera un processo di fuga verso l'altrove -- il reale perduto o inattingibile e l'auspicata ricerca dell'essenziale, della rigenerazione col tutto.